11 Settembre 2021: i documenti

A disposizione di tutti i visitatori alcuni documenti inerenti la commemorazione del ventennale dell’11 settembre 2001, intitolata “20 anni dopo – 20 years after”.

Documenti

Intervento del Presidente Ass. 11 Settembre Ubaldo Alifuoco

11 settembre 2021 – Cerimonia del XX anniversario presso Villa Cordellina Lombardi

Buonasera e grazie di essere qui. A nome della Associazione Culturale 11 Settembre, rivolgo un particolare saluto ai rappresentanti delle istituzioni – italiane e degli Stati Uniti – che hanno voluto onorare questo evento. Un particolare saluto ai rappresentanti della Comunità americana: Col. Matthew J. Gomlak, comandante della guarnigione; Mr.Douglas Patrik, rappresentante del console generale USA di Milano.

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Presentando questa serata, vorrei prima di tutto ricordare noi vent’anni fa, le nostre emozioni, le motivazioni con cui è nata la nostra associazione e il modo con cui abbiamo cercato di onorare la nostra mission.

L’11 settembre 2001 ha messo tutti noi di fronte ad una realtà fino a quel momento inimmaginabile. Un gruppo di persone, di provenienza politica e culturale diversa, si sono messe insieme condividendo non solo lo sdegno per quanto le immagini televisive ci riportavano, ma anche la voglia di reagire. Avevamo tutti un punto in comune: la convinzione che quel fatto stava cambiando il mondo, nel senso che stava drammaticamente cambiando le nostre preoccupazioni dopo l’ottimismo suscitato dalla fine della Guerra fredda. Quasi all’improvviso ci siamo resi conto che la fine della contrapposizione Est-Ovest stava rivelando l’esistenza di forze che, attraverso la diffusione del fondamentalismo religioso, si ponevano l’obiettivo di scardinare i pilastri valoriali che reggono le nostre democrazie.

Nei giorni immediatamente successivi all’attentato, dando vita alla nostra Associazione, ci siamo assunti l’impegno solenne di non dimenticare un evento che, con le due torri, simbolo di un’America prosperosa e legata al resto del mondo, ha fatto crollare anche la nostra fiducia in un futuro di pace e di relazioni internazionali fondate sulla onestà reciproca, dopo i decenni della Guerra Fredda.

Abbiamo non solo condiviso una volontà di testimonianza ma soprattutto l’intenzione di condurre una battaglia culturale per contrastare i presupposti del terrore, il fanatismo religioso, quello che con l’Islam politico ha insanguinato il mondo in questi venti anni, e per sostenere chi opera sul campo contrastando in armi le varie centrali terroristiche.

Oggi possiamo dire di aver tenuto fede a quell’impegno con due modalità operative:
a) la presenza nelle scuole con il nostro team di geopolitica(composto da militari e civili con esperienze nei teatri di crisi internazionali);
b) i forum pubblici sulla sicurezza internazionale

Nel primo caso, anche grazie a presidi e a un meraviglioso gruppo di docenti interni, abbiamo coinvolto oltre 800 giovani in una riflessione su ciò che accade nel mondo (con particolare riferimento al Mediterraneo allargato e all’area dell’indo-pacifico che sempre più interagisce con noi).

Nel secondo, abbiamo affrontato i temi che maggiormente preoccupano la pacifica convivenza internazionale. In questo caso, anche con una notevole lungimiranza se si pensa che il 6 maggio abbiamo titolato il nostro forum: “Afghanistan: il fallimento della politica occidentale”, e il 27 maggio: “Quale politica europea per l’autonomia in tema di sicurezza e difesa comune?”. Due momenti di riflessione che hanno anticipato gli eventi cui abbiamo assistito e il dibattito che da essi è conseguito.

Il secondo punto che vorrei affrontare riguarda il bilancio in tema di sicurezza internazionale. E ormai una nostra tradizione in questo appuntamento, fare il punto sulle attività di contrasto al terrorismo da parte dei nostri paesi. Quest’anno il bilancio deve riguardare un ventennio, citando i successi e i problemi aperti.
Per quanto mi riguarda, e credo di interpretare correttamente il sentimento unanime del nostro Consiglio direttivo, le immagini di queste ultime ore provenienti da Kabul ci hanno riempito il cuore di tristezza, di angoscia per il futuro. E non mi sento di sottoporvi un’analisi geopolitica fredda e distaccata. Questo perché, quando si vedono madri che lanciano i propri bambini oltre il muro che divide la barbarie del presente in Afghanistan dalla speranza di un minimo di opportunità per il futuro dei propri figli, le certezze sono poche e le domande sono molte:

• abbiamo svolto con grande sacrificio un compito gravoso in quel paese.Ne è valsa la pena? (Noi italiani abbiamo perso 54 soldati, 700 sono stati i feriti.Gli Stati Uniti ne hanno persi oltre 2000, con un numero enorme di feriti)
• Per il futuro l’Europa sarà in grado di esprimere una politica estera univoca, un lavoro coerente a difesa dei valori per i quali ci siamo battuti?
• La NATO sarà in condizione di svolgere quel ruolo di difesa delle democrazie che è il suo compito istituzionale?

Abbiamo assunto un debito verso quelle persone che hanno perso la vita nei paesi dell’intolleranza – come l’Afghanistan – e hanno creduto in noi, e si sono esposte. Abbiamo un debito soprattutto verso le donne afghane, e verso quelle di tutti i paesi dove sono umiliate e relegate in ruoli indegni di esseri umani. Personaggi come i talebani hanno il terrore delle donne, hanno il terrore di donne che studiano, che lavorano, che svolgono ruoli sociali e politici. La loro sconfitta passerà proprio per questa via: la liberazione e l’emancipazione della donna.

In un altro momento avrei cercato di azzardare qualche risposta ma oggi, dopo la drammatica e caotica “evacuazione” da Kabul, non so cosa dire. Sarà il nostro impegno per i mesi prossimi: cercare di capire cosa sta accadendo e se i vertici politici dei nostri paesi hanno la voglia, come io credo sia necessario, di costruire una nuova alleanza tra le democrazie occidentali, con un più maturo impegno dell’Europa, per difendere la nostra identità culturale fondata sulle comuni origini giudaico-cristiane, e sui diritti civili che nel tempo sono diventati patrimonio comune garantito dalle nostre costituzioni democratiche.

Sono particolarmente grato al senatore Adolfo Urso perché ha accettato il nostro invito e si è assunto l’onere, con la sua lectio magistralis, di parlarci del tema sicurezza dopo questi vent’anni. Come presidente del Copasir credo sia tra le persone più legittimate a presentarci un bilancio legato alla realtà, e forse meno condizionato dalle emozioni che personalmente mi hanno travolto in questi ultimi giorni.

Io però voglio dire un’ultima cosa: dopo lo scambio di informazioni e di opinioni interno al nostro team di geopolitica (composto anche da ufficiali che hanno percorso le polverose strade di quel paese) credo sia doveroso parlare dell’impegno delle nostre Forze Armate (Esercito e Carabinieri). Lo voglio fare citando alcuni passi della lettera di un nostro ufficiale, per molti mesi comandante sul terreno afghano, il quale valorizza per prima cosa l’obiettivo di portare in quel paese un minimo di diritti:

“Sfido chiunque a fare dell’ironia e del sarcasmo o a trovare qualcosa di sbagliato nel sostituire una bieca tirannia teocratica con un governo del popolo, dal popolo e per il popolo e nell’instillare alcuni principi fondamentali, del tipo che anche le donne devono poter studiare e lavorare senza che nessuno per questo gridi al sacrilegio, o che in un tribunale non ci debbano volere tre donne per controbattere la testimonianza di un uomo, o ancora che la musica ed il canto non sono manifestazioni sataniche o che oltre alla lapidazione esistono anche altri modi di amministrare la giustizia.”

Continua poi citando una serie di risultati molto concreti ottenuti in questi vent’anni:
“Dopo la caduta del primo regime talebano, in venti anni di presenza occidentale sono state costruite strade, ponti, dighe, scuole, università, ospedali. A fronte dei meno di 900.000 studenti e scolari, tutti rigorosamente maschi, del 2001, nel 2017 c’erano circa 9.000.000 di studenti e studentesse. Abbiamo riqualificato e rimesso in funzione aeroporti civili, come quello di Herat. Abbiamo portato l’accesso ad Internet e alla telefonia cellulare. Abbiamo scavato pozzi. Facendo realizzare i progetti infrastrutturali e edilizi a manodopera locale abbiamo contribuito a fare emergere sia pur timidamente un ceto piccolo borghese, che in qualunque società rappresenta uno dei maggiori fattori di stabilità. Ricordo i bambini di Moqur (due bimbe fra di loro) che nel 2013 tornavano a casa da scuola in grembiulino e zainetto, e tre anni prima non sarebbe stato nemmeno immaginabile perché non solo non c’era manco una scuola, ma tutto quel che c’era consisteva in una quarantina di soldati impolverati, con due mortai, che cercavano di portare un po’ d’ordine. Finché ne abbiamo avuto l’autorità, abbiamo fatto rimuovere funzionari e militari il cui livello di corruzione era eccessivo anche per una cultura in cui sarebbe grave maleducazione non compensare con lauti donativi qualunque funzionario debba occuparsi di noi a qualunque titolo. Abbiamo vigilato sullo svolgimento delle elezioni. Insomma, posso dire che qualcosa, ben più di qualcosa, abbiamo fatto, che in questi venti anni gli Afghani hanno avuto, magari non sempre e non dappertutto, un futuro davanti a sé.”

Ecco, si possono criticare le scelte della politica, ma non possiamo dimenticare l’impegno dei nostri soldati, i morti e i feriti che i reparti hanno dovuto sopportare. A Vicenza, ricordiamo il nostro giovanissimo alpino Matteo Miotto, caduto nel 2010, e i molti caduti dei reparti americani presenti in città. Per tutti poi ricordo le parole della bersagliera Monica Contraffatto, che dopo aver perso una gamba nel teatro bellico afghano, ha vinto una medaglia alle paraolimpiadi di Tokyo.
Riflettiamo e ricordiamo con alcuni minuti di raccoglimento accompagnati dagli inni nazionali: quello italiano e quello americano, la comunità verso la quale i sentimenti sono sempre di amicizia e di solidarietà. Sentiremo per ultimo l’inno europeo, come nostro auspicio per una Europa sempre più coesa e capace di garantire a tutti noi un futuro di pace nel rispetto dei nostri valori storici.

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